Le radici dello streetwear

Le radici dello streetwear

Cos'è lo Streetwear.

Streetwear, una parola che ormai è integrata nel nostro vocabolario e che ha largamente influenzato il nostro modo di vestire e la nostra cultura, la cui storia però non è altrettanto nota.

Tradotto letteralmente “abbigliamento di strada” il vocabolario lo definisce come -stile di abbigliamento informale e giovanile, tipico dei ragazzi che praticano rap, skateboarding o break dance-, ma se vogliamo descriverlo in chiave più poetica possiamo riprendere le parole del celebre CEO di Off-white, Virgil Abloh, "Lo streetwear è un movimento artistico. E’ un modo di creare le cose". Noi di LabelLess condividiamo questo pensiero e oggi vogliamo spiegarvi il perché.

I primi germogli

Lo streetwear o abbigliamento Urban getta le prime radici nei sobborghi della East Coast statunitense fra la fine degli anni 70 e i primi anni 80, assegnare però una data di nascita precisa a questo movimento è praticamente impossibile avendo preso vita lontano dai riflettori della grande moda e dell’alta cultura.

L’urban è infatti una sottocultura giovanile spontanea, una vera e propria “democratizzazione” della moda che per la prima volta vede un’ampia fetta di ragazzi ideare un modo di vestire, definendo in maniera indipendente il proprio codice di abbigliamento e allontanandosi dai consigli dell’haute culture, prendendo invece spunto dall’ambiente in cui vivevano e consumavano le loro giornate.

I primi outfit in questo stile spesso e volentieri erano progetti indipendenti nati per pura passione ed esigenza espressiva. Chiare le influenze della cultura surf, molto sentita nelle zone limitrofe alle spiagge di San Francisco, quella dello skating e del Hiphop in generale, così come di quella Punk; questo mescolarsi di movimenti nel tempo ha dato vita a “stili” di streetwear diversi fra loro.

 

Gli alberi secolari

Data la spontaneità di questo movimento è difficile e forse riduttivo identificare un “padre fondatore” dello streetwear, sicuramente però c’è chi ha saputo distinguersi ed evolversi fino ad arrivare ai giorni nostri senza perdere un singolo colpo, stiamo parlando di Stussy, uno dei grandi pilastri di questo movimento.

Shawn Stussy, l’omonimo fondatore, iniziò il suo percorso nei primi anni 80 realizzando tavole da surf e t-shirt con il suo cognome stampato sopra, nel 84 nasce il logo, ancora oggi chiaramente riconoscibile, e nel 91 apre il suo primo negozio a New York insieme a James Jebbia, futuro fondatore di Supreme che appena 3 anni dopo aprirà un negozio sempre a New York.

Il brand ebbe grande seguito anche in Europa grazie al sostegno di un altro protagonista di questo mondo, l’italiano Luca Benini, fondatore del negozio Slam Jam e di cui parleremo in un altro blog.

Prima di lasciare il suo brand, Stussy realizza un progetto con Carhartt producendo una capsule collection e dando vita ad un’altra caratteristica ormai quasi tradizionale nello streetwear, le collaborazioni fra brand diversi.

Stussy fu molto influente nel panorama americano e mondiale, tuttavia questo stile si sviluppò autonomamente in tutto il mondo, per tale motivo ogni nazione ha i sui pionieri e i sui punti di riferimento che erano a loro volta influenzati dalla realtà culturale che vivevano. Il Giappone ad esempio è stato un altro grandissimo punto di riferimento per lo streetwear e se dovessimo chiedere ad un giapponese in chi identificherebbe i padri del movimento, probabilmente risponderebbe Hiroshi Fujiwara o Tomoaki Nagao che sono tra i più grandi esponenti di quella nazione.

 

In conclusione...

Alla luce di questi fatti risulta semplice capire il perché sia difficile assegnare ad un singolo brand il titolo di “padre dello streetwear”, ogni paese e nazione stava vivendo la propria nascita dei questo stile, a seconda della propria cultura. Nonostante ciò l’anima del movimento era solo una, ovvero la passione. I vari fondatori dei brand che abbiamo citato, così come altri, non creavano con lo scopo di guadagnare ma di esprimersi e trasmettere un messaggio. Allora chi acquistava questo genere di abbigliamento non lo faceva perché era bello, perchè si abbinava bene ad un paio di pantaloni appena comprati o perchè andava di tendenza, ma lo acquistava per indossare e rappresentare una storia, un’ideologia, uno stile di vita nel quale si identificavano.

Col tempo questo modo di vestire si è ampiamente diffuso e trasformato, nessuno avrebbe mai immaginato che un fenomeno simile potesse raggiungere tali proporzioni, ad oggi pensate lo streetwear rappresenta circa il 10% dell’intero mercato globale di abiti e accessori. Quello stile che apparteneva ad una generazione di folli e dannati, gente di strada con nulla in tasca, ora è in grado di muovere il mercato tanto quanto le it bag, ma questa è un’altra storia...

 

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